Tutte le Notizie

Chi sopravvive, vive? Riflessioni di un volontario.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo le riflessioni di un nostro affezionato lettore, volontario soccorritore del Nucleo di Protezione civile Inpdap di Padova

Mercoledi 30 Gennaio 2013

Ho letto la notizia di un film, prossimamente in uscita, sullo tsunami di alcuni anni fa, girato, a quanto si dice, in modo realistico; le parole di una persona che sopravvisse e la storia che viene raccontata nel film mi hanno molto colpito, riportando alla mia mente scene vissute da me e da altri volontari in zone colpite da calamità: tutto ciò mi ha spinto ad una serie di riflessioni che propongo ai lettori.

Chi sopravvive, vive?
Questa la domanda di base alla quale ho cercato di rispondere. E per rispondere sono andato a leggermi i racconti di sopravvissuti alle calamità naturali, a cominciare da quello splendido libro intervista: "Psicologia dell'emergenza. il caso Vajont".
Ci avviciniamo ai 50 anni da quell'immane olocausto italiano che è stato il Vajont, e volerricordare, come si fa per la SHOAH, serve ad evitare il ripetersi di certe tragedie. Le lunghe interviste ai bambini sopravvissuti a quel 9 Ottobre 1963, ora persone adulte, sono un pugno nello stomaco di chi fa oggi il volontario, di chi è sensibile alle tragedie della vita. I ricordi dei protagonisti diventano crude testimonianze di quello che fu la tragedia, di come la vissero, e di quali strascichi, anche e soprattutto psicologici, comportò quella concatenazione di avvenimenti, che in una serie di eventi ampiamente previsti , si concluse in tre minuti di apocalisse.
Un plauso, da parte mia, va agli autori del libro, che senza nascondersi dietro facili commenti, hanno presentato le testimonianze per quello che erano: testimonianze.
Dopo la tragedia, una delle protagoniste ha raccontato che "galleggiava in un sogno", salvo svegliarsene dinanzi ad un'altra tragedia famigliare che l'ha riportata alla realtà. Un altro testimone parla della sua difficoltà nel bere acqua, un altro ancora di come dopo la tragedia gli sia divenuto impossibile farsi un bagno in vasca senza che la memoria lo riporti a quei giorni terribili.
Una vecchia credenza popolare voleva che i bambini dimenticassero i fatti tristi: tutte queste testimonianze sottolineano invece il fatto che i brutti ricordi possono solo venir accantonati, ma rimangono e saranno per sempre vivi.
La mia esperienza a L'Aquila, poi, mi ha portato a conoscere un altro tipo realtà traumatica, e parlare con i sopravvissuti al sisma, mi ha fatto comprendere come certe "sensazioni" siano simili. Chi ha perso persone care, sopravvivendo a loro in una situazione drammatica, se ne chiede sempre il perché. E non il perchè del terremoto, o dello tsunami, o della frana, ma perché proprio lui sia sopravvissuto ai propri cari.
Le persone anziane, poi, abituate a convivere con i propri ricordi, alle volte sembrano dimenticare di averli nell'anima, e pensano di averli persi insieme a quella o quell'altra fotografia spazzata via da una casa che non c'è più.
Sono lacerazioni che scavano nell'animo di questi "sopravvissuti" un solco molto profondo e difficile da rimarginare. Le piccole difficoltà sembrano ingigantirsi e divenire non piccoli dossi quali sono, ma insuperabili montagne, ed è qui che, per quanto difficile, entra in gioco la capacità di noi volontari di dialogare, lasciando che queste persone ci aprano la loro anima e condividano con noi questi enormi pesi.
E' essenziale per chi soffre sapere di non essere solo, di avere accanto persone con la capacità di ascoltare, senza giudicare o voler dare consigli non richiesti. Ascoltare, senza dire una parola, dare una pacca sulla spalla o un abbraccio vero, è spesso molto più utile della stessa parola.
Tornando al film sullo tsunami, mi auguro che la ricostruzione dei fatti sia in grado di ricrearesensazioni e situazioni utili nella comprensione di certi meccanismi, e che possa in qualche modo aiutare anche noi volontari a trarre qualche insegnamento dalla narrazione di una così immane tragedia.
Nelle calamità come terremoti, tsunami o frane, è la sequenza del cerchio della vita che viene a rompersi, specie quando i genitori sopravvivono ai figli: dietro un'apparenza 'normale' si nasconde spesso una lacerazione dell'anima che urla nel silenzio, più profonda di quanto ci si possa immaginare.
Ecco perché ritengo che, nel bagaglio tecnico di ogni volontario, debbano esserci anche nozioni di psicologia: sarebbe importante per noi volontari essere in grado di comprendere e supportare meglio le persone che ci troveremo a soccorrere, oltre a permetterci di capire meglio anche noi stessi, il che, per come la vedo io, non guasta mai.

Vincenzo Festa
Nucleo di Protezione Civile Inpdap - Padova

Fonte: ilgiornaledellaprotezionecivile

Aree di Emergenza

 

             

 

Allerta IN CORSO

Meteo

 
Meteo Toscana

LaMMA

APP x Smartphone

 

 

Applicazione per informazioni ai cittadini

Leggi la notizia

 

 




A.I.B. - Incendi Boschivi


Cont@ttaci
FAQ


  

Accesso Utenti

Cerca nel Sito

DMC Firewall is a Joomla Security extension!